Una croce o un rosario, un cappello o una sciarpa, una pipa oppure delle monete o una semplice fotografia. Quella di mettere degli oggetti nella bara del defunto è una tradizione dalle origini antiche. Ancora oggi è un’usanza ancora utilizzata per esaudire la volontà espressa in vita dal defunto o per proteggere la sua anima dopo la morte. Non ci sono particolari leggi che vietano di inserire determinati oggetti nella bara del defunto. I famigliari più prossimi sono così liberi di depositare nello spazio dove riposerà per sempre la persona cara qualsiasi tipo di oggetto. In caso di cremazione, però, non è possibile inserire all’interno della bara degli oggetti di metallo.
Collocare oggetti nella bara del defunto: un’usanza originaria dell’Antica Grecia
Risale all’Antica Grecia l’usanza di coprire gli occhi del defunto con due monete. Queste antiche popolazioni credevano infatti che Caronte, la figura mitologica che ha il compito di trasportare le anime oltre la sfonda del fiume che separa i vivi dai morti, richiedesse un pagamento per far salire le anime dei morti sulla sua barca. Questa pratica, ripresa poi anche dagli Antichi Romani, con il tempo cambia poi anche di significato. L’inserimento delle monete sugli occhi o sulla bocca del defunto è infatti poi associato al corrispettivo per compensare le cattive azioni commesse durante la sua vita.
Oltre alla figura di Caronte, l’immaginario viaggio compiuto da Dante Alighieri nel mondo dei morti nella “Divina Commedia” narra anche di tre fiere che ostacolano il passaggio del sommo poeta fiorentino. L’ipotesi di questo incontro, infatti, tramanda anche l’usanza di mettere all’interno della bara un tozzo di pane in modo che l’anima del defunto possa superare l’ostacolo delle fiere placando loro la fame e di conseguenza anche la loro rabbia.
La tradizione egiziana
Molti dei monumenti e degli oggetti che sono arrivati fino ai giorni nostri dall’Antico Egitto sono stati ritrovati in sarcofaghi. Il corredo funerario egizio, infatti, era costituito da alcuni elementi indispensabili. All’interno del sarcofago destinato a contenere la salma mummificata trovavano infatti spazio i quattro vasi canopi per i visceri estratti dal corpo, un testo religioso per aiutare il defunto a raggiungere l’Aldilà, vari amuleti protettivi e gli ushabti. Statuine che avrebbero dovuto svolgere il lavoro dei campi al posto del loro proprietario. Altri oggetti, come stoffe, attrezzi, vasellame ed altro ancora, erano considerati di tipo accessorio e servivano per allietare la vita eterna del defunto.